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Posso rivalutare un marchio (o un brevetto) che non è stato iscritto a bilancio?

Posso rivalutare un marchio (o un brevetto) che non è stato iscritto a bilancio?

Con un precedente articolo ho illustrato gli aspetti salienti della normativa sulla rivalutazione dei beni d’impresa  prevista dal D.L. 104/2020 (conosciuto come il Decreto Rilancio di agosto), con questa nota intendo approfondire un tema di estrema attualità  e che mi è stato sottoposto  da diverse aziende.

E' possibile procedere a rivalutazione di beni immateriali (marchi, brevetti, disegni o modelli) che non siano iscritti a bilancio?

SI devono distinguere tre distinte ipotesi :

  1. Immateriale non più iscritto in bilancio in quanto completamente ammortizzato;
  2. Immateriale non iscritto all’attivo patrimoniale in quanto i costi non sono stati capitalizzati ma spesati a conto economico ;
  3. Diritti immateriali di fatto.

Prima di affrontare il problema è opportuno ripercorrere la ratio della norma. La finalità del provvedimento è quella di favorire la patrimonializzazione delle imprese fortemente provate dagli effetti della pandemia. La rivalutazione consente di migliorare i requisiti patrimoniali per l’accesso al credito (ratios patrimoniali) e di far fronte alle perdite connesse all’esercizio 2020.

Veniamo ora ad esaminare le diverse ipotesi prospettate: se si guarda il dato normativo il comma 1dell’art. 110 del DL 104/2020 richiede che i beni d’impresa risultino dal bilancio dell’esercizio in corso al 31.12.2019. Ciò sembrerebbe preclusivo della rivalutazione in tutte le ipotesi sopra prospettate. D’altra parte la ratio della norma farebbe apparire una soluzione di questo tipo del tutto incongrua a fronte della tutela giuridica ottenuta dall’impresa in relazione ai diritti di proprietà industriale in esame.

La soluzione affermativa del primo caso, bene previamente iscritto nello Stato patrimoniale che non lo sia più all’atto della rivalutazione, appare ampiamente condivisa. Sul punto è intervenuta la circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 14/E del27 aprile 2017 14/E/17 in materia di rivalutazione di Beni d’impresa prevista dalla legge 232/2016 che ha chiarito “La rivalutazione è applicabile anche ai beni completamente ammortizzati ( cfr. art. 2 DM 162 del 2001)”   

 Maggiore incertezza sussiste nel caso, piuttosto frequente, in cui il bene immateriale non sia mai stato iscritto nell’attivo patrimoniale in quanto ad esempio i relativi costi non sono stati capitalizzati bensì spesati a Conto economico.

Al riguardo vi sono alcune pronunce fiscali che sembrerebbero orientare nel senso della ammissibilità della rivalutazione anche in questa ipotesi.

La risposte dell’Agenzia delle Entrate  19/2020 a un interpello  relativo all’applicazione dell’art. 86 co. 4 TUIR – rateizzazione della plusvalenza relativa alla cessione di marchi non iscritti in bilancio- richiama la risoluzione ministeriale n. 9/611 del 10 agosto 1991  nella quale l’amministrazione finanziaria aveva già avuto occasione di precisare , sempre con riferimento alla cessione di un marchio , che le dette disposizioni normative sono applicabili anche nella circostanza “in cui il bene immateriale non è mai figurato in bilancio in quanto non è stato sostenuto alcun costo per il suo acquisto o la sua produzione”    

 Sul punto si era già espressa in senso positivo anche  Assonime, nelle circolari numero 13/2001 e 23/2006 sostenendo che la condizione necessaria per la rivalutazione sarebbe  quella della tutela giuridica, a prescindere dall’indicazione nello Stato patrimoniale del relativo bene immateriale.

Del resto anche l’art. 2, comma 1 del DM 162/2001 (rubricato “Regolamento recante modalità di attuazione delle disposizioni tributarie in materia di rivalutazione dei beni delle imprese e del riconoscimento fiscale dei maggiori valori iscritti in bilancio, ai sensi degli articoli da 10 a 16 della legge 21 novembre 2000, n. 342) fa riferimento al “possesso” del bene e non alla sua iscrizione in bilancio”.

Per effetto  di quanto sopra esposto la rivalutazione sembrerebbe consentita anche per i beni immateriali (comunque iscrivibili in bilancio nel rispetto dei principi contabili), sempre che giuridicamente tutelati, a prescindere dall’iscrizione.

Rimane da dare una riposta all’ultimo quesito ovvero se tale interpretazione favorevole alla rivalutazione degli immateriali ancorchè non iscritti in bilancio possa essere estesa anche ai marchi di fatto e perché no ai segreti commerciali ivi compreso il know-how ( art. 98 co. 1 Codice della Proprietà Industriale).

Questo è un tema particolarmente spinoso e devo dire di difficile soluzione.

Con la risposta n. 609 del 2020 l’Agenzia delle Entrate ha ritenuto che una “Member list” rientrante nei diritti tutelati dall’art. 98 C.P.I. (segreti commerciali) potrebbe godere delle agevolazioni di cui all’art. 86 co. 4 TUIR nell’ipotesi in cui il possesso di tale bene, indipendentemente dall’iscrizione sia protratto per oltre tre anni.

Trattamento questo analogo alla cessione di marchio che abbiamo visto in precedenza.

E’ opportuna in questo caso una annotazione pragmatica relativa alla identificazione del bene. Mentre nel caso dei c.d. diritti titolati (marchi registrati, brevetti, disegni registrati) il bene è identificato in un documento registrato presso un pubblico registro ed è supportato da una presunzione di validità, il diritto di fatto comporta l’onere di dimostrarne l’esistenza e non sempre è un onere facilmente assolvibile.

Rinvio ad un successivo articolo per un approfondimento, per il momento mi limito ad osservare che il tema necessita di un intervento interpretativo degli organi competenti.

Allo stato non esistono, ad avviso della scrivente, elementi sufficienti per avallare la possibilità di rivalutare diritti di fatto. Per quanto riguarda i diritti registrati ma non capitalizzati è auspicabile una conferma  di tale interpretazione da parte dell’Agenzia delle Entrate.  

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